Il nuovo gasdotto Snam tra Sulmona, in Abruzzo, e Minerbio, in provincia di Bologna, non serve. E non serve nemmeno costruire la nuova centrale di spinta prevista a Sulmona, la città della provincia dell’Aquila ai piedi del Monte Morrone. È quanto sostengono 15 organizzazioni, che hanno indirizzato all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) un corposo dossier, nell’ambito della consultazione sull’utilità del gasdotto denominato “Linea Adriatica”, che prevede un investimento da oltre 2,4 miliardi di euro.
Secondo le realtà che firmano il dossier (tra le altre la Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”, il Coordinamento “No Hub del Gas”, il Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, il Comitati Cittadini per l’Ambiente di Sulmona, la Stazione Ornitologica Abruzzese, Mountain Wilderness Abruzzo e Centro Documentazione Conflitti Ambientali) la realizzazione dell’intervento comporterà un’enorme sovracapacità di trasporto che verrà scaricata in automatico sulle bollette, rischiando di violare anche gli obblighi sul contrasto alla crisi climatica.
Il tema è semplice: l’Italia oggi ha una capacità di importazione di 92 miliardi di metri cubi di gas, a fronte di consumi reali per 68 miliardi di metri cubi. In particolare, nei tre terminali di importazione a Sud (Tap, Mazara del Vallo e Gela) attualmente arrivano 110 milioni di metri cubi al giorno a fronte di una capacità di 174 milioni. Questo significa che residua capacità per importare altri 23,3 miliardi di metri cubi di gas all’anno. “È quindi infondata qualsiasi teoria relativa alla saturazione di questi punti di ingresso da Sud”, scrivono le associazioni. Nel 2030, poi, la capacità sarà pari a 105 miliardi, con consumi previsti in netto calo a 58 miliardi.